Il mio nome è Anna Maria, così nasce il mito di Mina

di Marco Bernardini

Qualcuno è pronto a giurare di averla vista con i propri occhi. Non è dato sapere se sia vero oppure no. Ma è impossibile ribattere il contrario esattamente come per i fenomeni paranormali oppure a riguardo degli incontri ravvicinati con gli alieni. Del resto anche la fantasia non va mortificata in alcun modo perché, tutto sommato, aiuta a sopravvivere. Eppure un minimo di credito a questi “visionari” è giusto concederlo.

Lei, infatti, avrebbe ed ha più di una buona ragione per tornare di tanto in tanto a ripercorrere quelle antiche scale alla fine delle quali si trovavano i simboli della leggenda e poi del mito. Sul primo gradino, ufficialmente, sta scritta una data vecchia di sessant’anni. Tanta è stata lunga la sua carriera che, peraltro, continua ancora. Ma in realtà il prologo alla storia di Anna Maria Mazzini, molto più semplicemente Mina, è stato scritto prima. Come in una favola che ha quasi dell’incredibile.

Sul finire degli Anni Cinquanta la Versilia cominciava a costruirsi il suo futuro di terra promessa per la grande voglia di riscatto e il potente desiderio di curare con la medicina del divertimento e dell’allegria le profonde ferite ancora aperte provocate dalla guerra. Bastava, talvolta, una rotonda sul mare insieme con un pensiero positivo. La villeggiatura per pochi fortunati si stava trasformando in vacanza per molti. Tante famiglie della nuova borghesia emergente si snocciolavano, come i grani di un rosario ottimista, lungo la costa della Riviera facendo di Viareggio e di Forte dei Marmi - passando per Lido di Camaiore, Tonfano e Marina di Pietrasanta - una sorta di “buen retiro” laico. Un uomo di spettacolo vocato anche al concetto di imprenditorialità, Sergio Bernardini, piazzò il colpo vincente. Battezzò la sua invenzione con il nome di “La Bussola” e nel giro di poco tempo quella rotonda sul mare diventò il simbolo delle estati italiane coniugate in musica.

Mina e Corrado Pani

I giovani di quel tempo, la sera, ancora andavano per locali in compagnia di mamma e di papà. Anche Anna Maria e suo fratello Alfredo, che si faceva chiamare Geronimo come il guerriero pellerossa, trascorrevano le loro serate di cremonesi benestanti bevendo Coca Cola e ascoltando la musica confidenziale di Bruno Martino e di Don Marino Barreto Junior a “La Bussola”. I Mazzini erano ottimi clienti e il Patron del dancing li coccolava.

Anna Maria e Alfredo erano malati di musica. Ma non di quella da “mattonella”, nel loro sangue scorreva il rock. La ragazza, diciottenne, amava cantare e ogni sera dopo che le luci della scena si erano spente chiedeva a Sergio il permesso di poter esibirsi per la sua famiglia e per i suoi amici sul palco. Tornavano gli orchestrali. Geronimo si piazzava alla batteria e Anna Maria attaccava il suo show. “Non farai mai carriera. Continua a studiare a scuola, tu non canti, ma urli” era il commento di Sergio il quale ancora non lo sapeva ma, in quel momento, stava prendendo un clamoroso abbaglio. L’unico, forse, della sua carriera professionale al quale, peraltro, pose rimedio molto in fretta e con risultati allora inimmaginabili.

Due anni dopo il Patron de La Bussola si trova in missione a Roma. E’ inverno e lui va in giro per locali, meglio se alternativi, in cerca di numeri e di artisti speciali da ingaggiare per l’estate che verrà. Entra in una “cantina” e subito viene colpito dalla voce di quella ragazza che sta cantando. Si fa chiamare Baby Gate e, nel gruppo che l’accompagna, c’è naturalmente suo fratello Geronimo. Nel volto di quella giovane urlatrice Sergio riconosce la figlia dei suoi clienti di Cremona. Non crede ai suoi occhi, ma soprattutto alle sue orecchie. La voce di Anna Maria è semplicemente unica. L’uomo estrae dalla tasca interna della giacca un foglio precompilato. È un contratto in bianco. Basterà firmare. Lei non si farà pregare e il suo nome, l’estate successiva, comparirà sul grande tabellone delle vedettes in Bussola.

Il resto della storia la conoscono anche i sassi. Una carriera, quella di Mina, che recentemente ha compiuto sessant’anni e che non accenna a segnare il passo malgrado la “Barbra Streisand di Cremona” abbia fatto come Greta Garbo e sia scomparsa non solo dalle scene ma dall’Italia, per diventare cittadina svizzera a Lugano come Anna Maria Quaini. Di lei e della sua immagine resta il cameo dell’ultima apparizione dal vivo del 1978 sul palco del teatro tenda di Bussoladomani, al termine della quale è la stessa Mina ad annunciare che mai più comparirà in pubblico per cantare. Come il suo amico fraterno e collega Fabrizio De Andrè, anche Mina era quasi terrorizzata dal contatto con la gente anche se non lo dava a vedere. Spesso vomitava e piangeva per la tensione prima dei concerti.

La Versilia, in ogni caso, è rimasta addosso a Mina. E chi giura di averla notata passeggiare in qualche vicolo del Forte probabilmente non è un pazzo visionario. Certamente, il mito della musica internazionale si trovava nella terra che porterà sempre nel cuore il 9 maggio 2018, giorno in cui all’Ospedale Versilia nasceva Alma, la figlia del nipote Axel, a sua volta primogenito di Massimiliano Pani, nato dalla relazione con l’attore Corrado Pani.

Una storia pressoché infinita e quasi magica che resiste all’usura del tempo e che non vacilla nella memoria, malgrado La Bussola sia diventata negli anni una sorta di reperto archeologico, il teatro tenda di Bussoladomani un fantasma accanto al mare e Mina una splendida bisnonna. Ma se qualcuno giurasse di aver udito la voce di una diciottenne urlatrice arrivare dalla spiaggia di Focette non prendetelo per pazzo. Era Anna Maria che cantava.

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