C'era una volta Tonfano, anzi Tonfalo

Le origini semplici di un piccolo villaggio di pescatori diventato meta del turismo internazionale

di Katia Corfini

Non tutti conoscono le origini del nome della famosa cittadina turistica Tonfano, centro principale delle quattro frazioni che formano Marina di Pietrasanta insieme a Fiumetto, Motrone e Focette.

Inizia così, come in un libro di favole, la storia che vi stiamo per narrare. C’era una volta un magnifico villaggio incastonato tra la bianca cornice delle Alpi Apuane e una costa dove antichi velieri facevano capolino all’orizzonte. Quelle navi inducevano lo sguardo ad assaporare il calore del sole fino al suo ultimo raggio ammaliando lo spettatore.

Tonfano meta indiscussa dei vacanzieri di tutto lo stivale, apprezzata anche a livello internazionale, deve la sua fama ai suoi avi, alle persone che hanno reso questa terra, un tempo regno di paludi e zanzare, un luogo bellissimo in cui vivere.

A Tonfano vivono ancora molti residenti che tramandano i ricordi dei propri avi di generazione in generazione. Perché senza storia un paese non ha ricordi ma soprattutto non possiede un’anima. E qua, a Tonfano, l’anima è molto forte.

Ma torniamo alla nostra storia. Un tempo in questi luoghi scorreva un fiume e, una leggenda, racconta la storia della persona che interrò l’ultimo tratto del corso d’acqua chiamato Tonfalo. Quella persona, alla fine dei lavori di interro, scomparve. C’è chi dice che fosse il progettista e chi invece narra di un semplice manovale. Ancora oggi, alcuni abitanti, cercano il suo nome nascosto in qualche cassetto di ricordi.

I FOSSI E LE ORIGINI

C’era una volta Tonfalo (si chiamava proprio così), un paese in cui i ragazzi aiutavano i genitori tra le faccende di casa ed il lavoro dei padri, dei nonni, degli zii, dei vicini di casa, di tutta la comunità. Nel tempo libero giocavano spensierati, mangiavano pan bagnato spolverato di zucchero a merenda, raccoglievano ossi di seppia e quadrifogli e facevano volare le “pavie” attaccate al filo per poi liberarle illese. Passavano il tempo tra un fosso e l’altro cercandone i suoi abitanti: ranocchi, salamandre, libellule e girini.

Il nome Tonfalo ha origini longobarde e proviene da “tumpfilo”: specchio d’acqua che indica un tratto di fiume dove l’acqua a causa di una buca è più profonda.

Si narra che in alcuni tratti del fiume, come ad esempio nella zona del ponte, i ragazzi si tuffassero addirittura in oltre tredici metri di profondità.

Non a caso sempre dal longobardo il “tumpf”, tonfo, è un vocabolo onomatopeico che indica un rumore cupo e sordo, qualcosa che si abbatte con una certa pesantezza specialmente nell’acqua.

UN SALTO NEL PASSATO

È bene ricordare le origini semplici del piccolo villaggio di pescatori per capire la grande forza dei suoi antichi abitanti e il grande valore di queste terre nonostante, già nel 1800, iniziassero a vedersi le prime trasformazioni dei suoi terreni.

I proprietari infatti bonificano le paludi costruendo ville e case per le vacanze, dei più benestanti si nota Villa Battelli e Villa Rebua, di cui parleremo tra poco. Va ricordato che la prima bonifica della “Marina” che era un susseguirsi di fiumi e fossi che andavano verso mare, parte già nel XVI°secolo per volere di Cosimo I de’Medici sebbene fino al XIX° secolo quasi tutta la zona fosse ancora paludosa.

È a cavallo delle due guerre che inizia il primo interramento del fiume. Negli anni ‘30 avviene la prima “tombatura” con un intervento in prossimità della foce per poi superare all’attuale Piazza XXIV Maggio fino all’Ufficio Postale. Poi con la seconda guerra mondiale i soldati americani che si erano stabiliti nelle ville principali, tra cui la Rebua e Battelli, avendo bisogno di una zona in cui far decollare ed atterrare piccoli aerei da ricognizione sulla “Linea Gotica”, interrarono la foce completamente. Fu poi distrutto anche il ponte che collegava via Versilia al Viale Carducci.

Il fiume Tonfalo era alimentato da Nord dalle sorgive di Vaiana provenienti dalla località di Caranna a Forte dei Marmi. Da lì proseguiva il suo corso parallelamente all’attuale Fiumetto arrivando a sud dove si trova l’attuale Via Tonfano, fino ad arrivare alla sua foce in prossimità dell’attuale pontile. Del fosso che ne restava vi è traccia fino agli anni settanta in prossimità delle scuole. La tombatura è proseguita con la realizzazione della zona 167. Di quel che resta del Tonfalo troviamo ancora traccia in Via Colombo costeggiando il Campo Sportivo fino ad arrivare in Versiliana e, alle “polle di Vaiana”, c’è chi ricorda ancora quel periodo sciagurato in cui gli scarti del marmo, la famigerata “marmettola”, fu scaricata direttamente nei fossi rimasti riempiendoli definitivamente. Oggi molti auspicano che siano valorizzate alcune aree verdi con la realizzazione di una zona parco per riportare alla luce gli antichi resti del ponte.

*testi e immagini tratte dall’archivio storico di Katia Corfini residente del luogo

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